venerdì 30 agosto 2024

Iperwriters - Lettere ai mostri

 

Photo: Shaah Shahidh on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 54 - Lettere ai mostri

Venerdì, ore 13. Avevo pubblicato su un'antologia Mondadori un racconto dal titolo Lettera a un mostro. Mi era stato ispirato dal primo film della saga Nightmare. Un bambino scrive a Freddy Krueger perché ha un mostro nella vita: uno di quelli umani, in carne e ossa.
Ero io quel bambino, dopo tutto. Un bambino che invia lettere ai personaggi della fiction per trovare un momento di sollievo dall'orrore del reale che lo tortura ogni giorno. Scrivere a Jack lo Squartatore non fa male quanto la sassata, lo sputo, l'insulto di un bullo.
Le lettere che avrei voluto scrivere non sarebbero state destinate agli assassini dell'immaginario, ma ai veri e spietati mostri da cui mi sentivo circondata. Quelli che mi bloccavano nella sabbia mobile dell'inesistenza e della derealizzazione.
Una dama del nuovo movimento giallonoir, che non aveva mai speso una parola per il mio lavoro, mi dice che con Lettera a un mostro l'ho sorpresa (perché non se lo aspettava da me) e che (mi concede) ora devo raggiungere la stessa intensità anche nel romanzo, perché capisci, è molto più difficile mantenerla per trecento cartelle che non per tre.
Il racconto Lettera a un mostro aveva segnato un punto di svolta. L'avevo scritto in una sola sera, dalle 19 a mezzanotte, per una qualche tipo di urgenza. E con tutti i sentimenti, le rabbie, gli odi e gli amori. Qualcosa si era sbloccato dentro di me. Per Andrea Carlo Cappi, era un capolavoro. Volevo scrivere un intero romanzo con tutti i sentimenti, le rabbie, gli odi e gli amori.
L'idea arriva da un articolo sulla dislessia infantile. Penso a una bambina dislessica che impara a leggere associando le immagini dei fumetti alle parole contenute nei balloon, e da grande diventa sceneggiatrice.
Un giro vorticoso di neuroni, una tempesta mentale. Fumetti e gialli avevano fino allora segnato la mia vita. Perché non accoppiarli e far loro partorire un figlio? Un giallo ambientato nel mondo del fumetto.
Intendevo rendere omaggio a due forme espressive disprezzate, e anche raccontare qualcosa di me.
Il fumetto nella mia simbologia personale rappresenta l'infanzia, la corsa in edicola per comprare il giornalino, l'età dell'innocenza, delle nuvole parlanti in un cielo blu, dell'avvenire roseo e dell'ingenuità felice.
Poi il dramma: il giornalino è strappato, l'infanzia violata.



giovedì 15 agosto 2024

Iperwriters - Others are strange

Photo: Jonas Msuj on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 53 - Others are strange

Venerdì, ore 13. Certamente, la gente è strana quando sei uno straniero solo. Anche senza la canzone dei Doors lo sapevo già. Ma non mi sono mai sentita in difetto. Mai un solo momento. Ho avuto dubbi e insicurezze sulla riuscita di questo o quel lavoro o progetto: questo non significa sentirsi sbagliati nel nucleo fondamentale e intimo del proprio essere.
È la gente a diventare strana quando si trova di fronte a qualcosa di non riconoscibile, non catalogabile, non allineato. Qualcosa che va da sé, che segue una propria strada, che è semplicemente... vivo.
Ma, mi direte, non ero riconoscibile e catalogabile? Figlia di operai, povera e donna. Avrei dovuto essere la bandiera per la quale combattere e dare il sangue. Non esageriamo, versare sangue non si usa più. Ma avrei potuto aspettarmi di essere benvoluta, coccolata, supportata, promossa, premiata, no?
No.
Ora, per molto, molto tempo non ne comprendo il perché.
Mi pare di essere circondata da un immenso mondo gelido, buio, inospitale, in cui i miei tentativi di dimostrare che esisto vengono tollerati a denti stretti o respinti con fastidio, come se fossi una cameriera non lavata seduta fra gli invitati a un party.
Quando rendi la gente strana, tanta stranezza alla fine ti aggredisce e ti fa ammalare. Non puoi guardare negli occhi la gente che vede della stranezza in te.
Certo, di tanto in tanto vedevo la luce, e incontravo angeli. Nulla di biblico, o cattolico: intendo esseri vivi, intelligenti e onesti. Angeli nella merda. Avevo un angelo come compagno di vita, uno che, essendo migliore di me sotto tutti i punti di vista, rendeva la gente ancora più strana di quanto la rendessi io. Max sarebbe stato un grande attore (ho un articolo su Il resto del Carlino che lo definisce effettivamente così), ma i teatranti locali lo ignoravano. Quando non lo odiavano.
Gli angeli, se non chiedono scusa di esserlo, vengono demonizzati. La loro gentilezza naturale spaventa la casta padrona, la cui “disponibilità” è solo artificio.
Se consideriamo l'arroganza stellare dei radicalchic e il loro odio verso i poveri, si può comprendere quanto possano sentirsi minacciati dai talenti di chi sbuca fuori dalle fosse biologiche sociali.

venerdì 2 agosto 2024

Iperwriters - People are strange

Foto: Nareeta Martin on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 52 - People are strange

Venerdì, ore 13. Non sono soddisfatta di Columbus Day. Per quanto, rileggendolo, mi stupisca il mestiere acquisito per magia verde (naturale) fuori da tutti i corsi di scrittura che peraltro erano ancora di là da venire. Nel '92 non ne sono per niente soddisfatta: è una torta ben cucinata, ma infine non aggiunge nulla a quanto già scriutto da altri e non se ne sentiva la mancanza.
I giornali di destra mi attaccano per il mio politically correct sceneggiato, facendo quasi una parodia della trama. Ci resto male. Perché, a quanto sembra, se non piaccio a destra non piaccio neppure a sinistra.
Faccio fatica a comprenderne la ragione, ma non piaccio a sinistra, ed è un fatto. Non dipende da quello che scrivo, ma da quello che sono. Potrei sfornare cinque volumi da mille pagine in politicocorrettese, e sarebbe inutile.
Dopo le prime amicizie infantili e adolescenziali, molto intense, con persone nate come me nelle capanne negli schiavi, non ho più avuto amici. Dai primi ambienti postsessantottini ai collettivi femministi, dai politicizzati ai poeti, la mia vita con i radicalchic somiglia alla canzone dei Doors People are strange:

People are strange/When you're a stranger/Faces look ugly/When you're alone (….) No one remembers your name

Occhi vuoti, facce disgustate, smorfie, ondate di freddezza. E (anche dieci anni più tardi, dopo aver vinto il Premio Scerbanenco, il massimo riconoscimento per gli autori di thriller) nessuno mi nomina mai.
Degli artisti locali, ho già parlato a lungo: tutta una gelatina di genialoideria. Subisco anche filosofi da bar e docenti universitari che parlano come le mie zie con la terza media. Intellettuali carichi di una spocchia tetra che mi valutano il culo e mi chiedono: "Perché porti quei reggiseni a coppa?" (non li portavo affatto) oppure leggeri come nuvole, che mi valutano il culo e mi chiedono ridacchiando: "Ma tu non ti diverti mai?"
E il nuovo movimento giallonoir in cui i radicalchic si stanno arruolando in massa? Non godo di gran stima neppure come scrittrice di genere.
Sarei di serie B anche in una bocciofila.