Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori
Letteratura italiacana - 27 - Artisti e artigiacani
Venerdì, ore 13. Come ho detto sceneggiavo di tutto, o quasi. Ma qual era la mia posizione sociale, o come socializzavo il mio lavoro, che poi è la stessa cosa? La risposta è semplice e prevedibile per chi mi conosce bene: non avevo nessuna posizione.
Intendo che restavo unica e gli altri mi giravano intorno senza partecipare della mia dimensione. Frequentavo un ambiente di radical chic che mi sottovalutavano e mi trattavano con sufficienza, falsa cortesia, curiosità maliziosa, e sempre come un'eccentrica, a volte irritante e a volte divertente. Alcuni avrebbero voluto cimentarsi nella sceneggiatura, ma solo per un periodo limitato di tempo. Nessuno, nessuno, nessuno di loro avrebbe mai svolto questo lavoro in via prioritaria e definitiva. Avevano altro a cui mirare. Master all'estero, giornali a cui accedevano con sconcertante facilità, carriere universitarie che parevano preparate da sempre. I meno ricchi di famiglia aspiravano comunque a uno stipendio sicuro e regolare.
Nella prima parte degli anni '80 il fumetto era veramente un ghetto. Potete valutare voi stessi da questa scena: sono su un autobus, con un disegnatore che lavora per il mio stesso studio, e parlando delle motivazioni che lo hanno portato lì dice: "Lo faccio per non andare in fabbrica". Queste parole mi si sono stampate in mente, perché anch'io lo facevo per non andare dove volevano gli altri.
Ma certo! Da che mondo è mondo ci si riscatta dalle caste subalterne solo con l'arte della boxe, o con l'arte e basta. Ma non era arte, quella che facevamo noi fumettari. Il mondo non era più quello che doveva essere da che mondo è mondo.
Nella mia città, in Italia, in Europa, in Occidente tutti stanno diventando artisti. Tutti scrivono, dipingono, fanno teatro, cinema, poesia, danza, recitazione e tutto quello che le povere Muse (mai così tanto al servizio di così tanti) possono ispirare. E tutti questi artisti, aerei e rarefatti, sono in alto, tanto tanto più in alto di me.
Io sono un'artigiana, anzi un'artigiacana.
Avevo creduto che il fumetto fosse narrazione, e la narrazione fosse propedeutica ad altre forme di espressione artistica. Mi sbagliavo.
Tutti quegli artisti erano “sperimentali” e snaturavano cinema e poesia, frantumavano il teatro, vaporizzavano la letteratura.
Distruggevano la narrazione.
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