Ultimo appuntamento della stagione e doppio mistero, sul filo di due anniversari che ricorrono nelle prossime settimane. Il primo è quello della scomparsa di un mito di Hollywood: la trentaseienne Marilyn Monroe il 5 agosto 1962. Sessant'anni fa l'attrice fu trovata morta nella sua casa di Brentwood, Los Angeles, uccisa da un'overdose di sonnifero.
L'autopsia decretò un "probabile suicidio", anche se un'inchiesta successiva ammise una possibile overdose accidentale. Si sa che Marilyn - vittima di gravi traumi nell'infanzia - era in cura presso uno psichiatra, il dottor Ralph Greenson, che le prescriveva farmaci in quantità industriale. Aveva persino una domestica-infermiera, la signora Eunice Murray, che aveva il compito di somministrarle i medicinali, ma a volte Marilyn li prendeva anche per suo conto. Non è da escludere che si sia trattato di un tragico errore.
Senonché Marilyn era suo malgrado al centro di diversi intrighi, che hanno dato origine a mille ipotesi di complotto. Si sa che era sotto la sorveglianza dell'FBI, perché frequentava vari intellettuali (incluso il drammaturgo Arthur Miller, suo ex-marito), fra cui si sospettava ci fossero spie sovietiche. Era stata amante del presidente John Kennedy, che in quel momento era in pessimi rapporti con la CIA. Poi era stata amante del fratello Robert Kennedy, ministro della Giustizia, impegnato nella lotta al crimine organizzato. Però era stata anche amante di Frank Sinatra, di cui sono note le amicizie mafiose. Marilyn potrebbe essere stata vittima di una vendetta trasversale nei confronti dei Kennedy, che sarebbero stati entrambi assassinati negli anni successivi.
Ma anche a non voler essere complottisti, c'è una coincidenza sospetta: l'ultimo fidanzato di Marilyn, il regista messicano José Bolaños, era amico di Howard Hunt, l'agente della CIA di cui abbiamo parlato a proposito del caso Watergate; Hunt è sospettato anche di essere coinvolto nella morte del presidente Kennedy. A questo punto c'è da chiedersi se la morte di Marilyn Monroe sia stata davvero un suicidio o un'overdose accidentale.
Il secondo anniversario di cui parliamo oggi è tra un mese: venticinque anni dalla morte di Lady Diana Spencer, del suo fidanzato e del loro autista, il 31 agosto 1997 in un incidente a Parigi. Anche lei è scomparsa a soli trentasei anni, anche lei è al centro di ipotesi di complotto.
Dopo il divorzio dal principe Carlo era diventata un'importante figura mediatica, superando in popolarità la famiglia reale britannica. Aveva dato inizio a una campagna internazionale contro le mine antiuomo e sostenuto il Partito Laburista, che doveva in parte a lei la vittoria alle elezioni. Si era fidanzata con il produttore cinematografico Dodi al Fayed, figlio dell'egiziano Mohammed al Fayed - proprietario dei grandi magazzini Harrods a Londra dell'Hotel Ritz a Parigi - e nipote del celebre finanziere saudita Adnan Kashoggi. E oltretutto l'ex-marito, allora come oggi erede al trono d'Inghilterra, non poteva risposarsi con la fidanzata Camilla finché Lady Diana era viva. Sotto molti aspetti era una donna scomoda e in certi ambienti già a metà agosto correva la voce che sarebbe successo qualcosa entro la fine dell'estate.
E infatti "qualcosa" è successo il 31 agosto, anche se all'epoca non si poteva parlare di "complotto". I media accusavano prima i paparazzi che correvano dietro a Lady Diana - ma che lei aveva imparato a gestire benissimo - e poi l'autista Henri Paul che non era affatto ubriaco come si sosteneva all'epoca, come avrebbero dimostrato le riprese dalle videocamere di sicurezza del Ritz di Parigi. Io invece scoprii uno dei possibili metodi per sabotare l'automobile e causare l'incidente, e ci si scrissi sopra un romanzo intitolato "Ladykill-Alla ricerca della verità sulla morte di Lady D", che si trova su Amazon nella nuova edizione di Oakmond Publishing dello scorso anno. Dopo venticinque anni è ancora considerato la ricostruzione più plausibile di un ipotetico complotto e punta il dito su un gruppo clandestino legato ai servizi segreti di Londra, all'epoca già sospettato di vari omicidi. Posso dire che all'epoca è stato molto apprezzato da Corrado Augias e ha ancora oggi lettrici e lettori.
D'altra parte, come dice lo studioso del complottismo Bob Brotherton, autore del saggio "Suspicious Minds", è sbagliato credere ciecamente a qualsiasi complotto, ma è altrettanto sbagliato escluderli a priori, perché talvolta c'è davvero qualcuno che insabbia o disinforma.