mercoledì 20 febbraio 2019

Per quanti fiori ci siano


Lo scrittore Andrea G. Pinketts era così presente nella vita culturale milanese e nelle vite di chi lo ha conosciuto, che il tempo dalla scomparsa si misura ancora in mesi. Oggi ne sono passati due e Borderfiction lo ricorda, per cominciare, con la riflessione di Numa Echos - artista rock, scrittrice e autrice della celebre foto per la quarta di copertina dell'ultimo romanzo, "La capanna dello zio Rom" - scritta a caldo con le parole proprie e quelle dello stesso Pinketts.

Riflessione di Numa Echos

Non esistono parole adeguate per descrivere una perdita. Non ci sono lacrime sufficienti per smaltire il dolore. L’accezione del dolore come un distillato, l’assoluta perfezione del dolore che è la cosa peggiore che ci sia. Non ho mai pensato che esistesse la perfezione e che il dolore potesse essere talmente perfetto.
Le immagini prendono confusamente forma nel caotico vano neuronale. Andrea G. Pinketts esce in silenzio dal bar, mentre la fleboclisi di birra ora è un ricordo appeso a un supplizio di silenzio e il sigaro acceso rammenta effluvi d’incenso a una veglia funebre. S’incammina per le nebbiose e umide vie della Milano d’inverno, presentandoci il conto dell’ultima cena. Lui che aveva una relazione apparentemente stabile con la vita, ma una tresca con la morte, ora l’ha raggiunta per sempre ed è convolato a nozze. In silenzio. Lui che più di tutti aveva “il senso della frase” ora cede la parola ai devoti per lasciarli dolorosamente riflettere sul “senso della vita” che non si riesce ad afferrare, o al “senso della morte” che non si può evitare.
Impossibile non amare un maestro di luce e intelletto, non accorgersi della generosità di un uomo che donava se stesso disinteressatamente, per una giusta causa umana o intellettuale, nel nome della parola, del cuore e dell’evoluzione della letteratura. I ricordi sono frastagliati, innumerevoli flash che profumano di vissuto intenso, confronto denso, segreti rivelati e confidenze innocenti, di quel primo incontro che sarebbe stato il primo di tanti, quel primo incontro nel “noir” di una notte luminosa. L’ironia nei gesti di un uomo che giocava con i significati, trovava un significato a ogni sembianza di significato apparentemente priva, donava significato all’attimo e a ogni circostanza. Tante anime ad animare le sue notti e i suoi crepuscoli. E come diceva Il Genio della parola, amici come coperte. Coperte termiche d’inverno. Fresche lenzuola d’estate. Perché senza gli amici sei nudo. Nasci nudo. E chi ti vuol bene comincia a coprirti, ti copre per tutta la vita. E anche dopo morto copre di fiori il tuo cappotto di legno.
Lasceremo che questa volta Andrea ci ascolti senza elaborare una critica, che ci indirizzi mediante l’onnipotenza dei suoi capolavori, che sia il ricordo infinito che ci avvicina all’idea d’immortalità. Cercheremo una soluzione al suo ultimo “giallo” ma non la troveremo. Giocheremo a nascondino con la vita nella speranza di una resurrezione. Una notte, quando avremo concretizzato tale idea, ci ritroveremo a dialogare sui segreti della prossima vita, tenendoci le mani per l’ennesima volta e sorseggiando l’eternità.
27 12 2018

“Nei cimiteri, per quanti fiori ci siano, non è mai primavera”.
Andrea G. Pinketts

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