giovedì 27 luglio 2023

Iperwriters - Libero porno in libero stato

Photo: Nazarizal Mohammad on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori


Letteratura italiacana - 26 - Libero porno in libero stato

Venerdì, ore 13.
In agenzia mi chiedono se “ho problemi di carattere morale a sceneggiare fumetti porno”. Alzo le spalle, sorrido e rispondo di no. Già mi giudicavano (come tutti del resto) enigmatica, ma ora divento un mistero vivente.
È doverosa una spiegazione. Togliendo la Caritas, la raccolta fondi per le malattie rare, gli enti benefici e l'obbedienza del buon cittadino (soprattutto nel pagare le tasse), a quale chiodo si possono attacare principi morali nel mondo contemporaneo? E la pornografia, caramellata e ammiccante, non viene forse largamente diffusa dagli attuali mezzi di comunicazione?
Ma non si trattava solo di dare cinicamente alla gente quello che la gente vuole.
Nel mio quartieraccio ero stata mitragliata e bombardata di pornografia fin dalla più tenera età. Barzellette sconce su omosessuali e ragazze incinte, allusioni bavose, smorfie, battute e occhiate. Ogni minimo discorso che uscisse di bocca veniva sessualizzato. Ogni parola innocente che ti usciva di bocca veniva parafrasata in sesso. A nove anni sono stata informata che “se tuo marito non lo mette nella tua cosa te lo mette in bocca”. Non da un maschiaccio sogghignante, ma da una bambina della mia età.
Allora, rendiamo questa pornografia sincera, portandola a galla dal groviglio di bisce nel fango in cui tutti si sta affogando.
Ma, ancora, c'è di più. Una rivalsa, una inevitabile reazione alla diseducazione ricevuta. Una specie di divertimento intellettuale vendicativo nell'idea di vendere la stessa merce (alquanto modificata e, direi, perfino nobilitata) a quelle stesse persone che me l'avevano tirata addosso gratis. Stavo facendo quello che si chiama cavalcare la tigre, anche se non conoscevo ancora l'espressione, né il suo significato.
Allora non sapevo, non potevo spiegare tutto questo: in agenzia non avrebbero capito. Chiedendomi se avevo problemi morali, intendevano verificare se fossi cattolica praticante.
Erano tutti stupefatti, scandalizzati e quasi ammirati dal talento con cui sceneggiavo porno. Era un lavoro facile. Vorrei che i VHS prima e la digitalizzazione poi non avessero mai ammazzato quella meravigliosa fonte di guadagno.
Lavoravo tre ore senza ammazzarmi di fatica, poi con Max una passeggiata in una sera d'estate, pizza e cinema.
Erano giorni felici.


venerdì 14 luglio 2023

Iperwriters - Cannibalismo

Photo: Andreas Dittberner on Unsplash

Iperwriters - Editoriale di Claudia Salvatori

Letteratura italiacana - 25 - Cannibalismo

Venerdì, ore 13. Un piccolo aneddoto per animare la navigazione.
L'agenzia mi affre l'opportunità di una collaborazione con la testata Topolino, allora gestita da Mondadori. Sono felice, ma anche in preda all'ansia da prestazione. Insomma, devo giocarmela bene.
E il soggetto viene approvato: L'avaraccio di Paperin di Paperinière. Avevo scelto una parodia di Molière, e l'avaro era ovviamente Zio Paperone. Procedo alla sceneggiatura. Viene approvata e pagata, ma con una serie di note critiche, fra le quali mi si rimprovera il cannibalismo di Paperino.
Sono costernata. Che cosa ho fatto? In una vignetta Paperino è a tavola con i nipotini e mangia un pollo. Un papero non può mangiare un altro animale da cortile bipede.
Ora, io ero cresciuta con il Topolino degli anni '60, e avevo amato immensamente le storie di Romano Scarpa e di altri autori italiani, che erano film d'avventura hollywoodiani arricchiti da invenzioni sfolgoranti e parodie di classici che ne restituivano lo spirito trasformato in divertimento puro. Conoscevo le censure per sceneggiatori Disney: niente politica, sesso, morte, malattie. Ma nelle vecchie storie certi argomenti venivano sfiorati. In Topolino e la collana Chirikawa il nostro eroe viene rapito in culla, rimuove il trauma e da grande soffre di vertigini. Inquietantissima la scena del rapimento. In Topolino e l'imperatore della luce partono alla ricerca di uno zio di Pippo scomparso in Africa e lo ritrovano pazzo. In Paperino e il Misterioso mister Moster Paperino viene clonato da uno scienziato pazzo e Archimede uccide il clone con un'iniezione letale.
Giurerei di aver visto paperi a pranzo con cosce di pollo in mano, ma non saprei dire in quale storia, in quale pubblicazione, in quale anno. Non mi era sembrato di peccare ripetendo quello che avevano fatto sceneggiatori migliori di me. In seguito, negli anni '90, collaborando con la Disney Italia, ho avuto problemi solo quando mi ispiravo ai grandi sceneggiatori del passato, nelle idee e nel linguaggio, troppo crudi per le nuove morbidezze richieste dal mercato per bambini.
Insomma, il primo contatto con una testata mitica con cui ero cresciuta è stato decisamente traumatico.
Ma avevo soltanto cannibalizzato me stessa, il serbatoio di immaginario disneyano della mia infanzia.



mercoledì 5 luglio 2023

La solitudine del Minotauro - Francesco G. Lugli


Recensione di Andrea Carlo Cappi

A Milano, nella prima metà degli anni Dieci del XXI secolo, all'incirca due volte l'anno - e sempre in corrispondenza dei principali eventi legati alla moda - vengono commessi misteriosi delitti che lasciano vittime spaventosamente mutilate. "Serial killer", diranno a questo punto lettrici e lettori (e uno dei personaggi) che ormai credono di averle già viste tutte. No, qualcosa di ben più complesso e, se vogliamo, non insolito nella narrativa thriller, ma forse mai trattato con pari efficacia. In ogni caso, quando si offre a qualcuno la possibilità di uccidere impunito, finisce che costui (o costei) ci prova gusto e si lascia prendere appena un po' la mano.
Sicché la Questura deve organizzare una squadra per dare la caccia ai cosiddetti "Cannibali", che non sono realmente tali, né membri di un noto movimento letterario di un paio di decenni fa. Ma scordatevi anche i commissari paciosi che spesso appesantiscono di colesterolo e trigliceridi la narrativa italiana di genere. Pensate a una versione molto più realistica e contemporanea degli sbirri del poliziottesco. E immaginate che, di fronte a una struttura criminale pericolosamente organizzata, nemmeno gli agenti - uomini e donne - possano sentirsi al sicuro. Anzi, rischino di diventare loro stessi i primi della lista, i bersagli più appetibili.


Ci sono due validi motivi perché io recensisca questo libro: primo, perché è un thriller assolutamente notevole e, secondo, perché l'autore non è solo un amico, ma uno scrittore che seguo da una dozzina d'anni con estremo interesse, tanto da averlo coinvolto in tre mie antologie dedicate al noir milanese: Un giorno a Milano e Una notte a Milano (edite nella stessa collana, "Calibro 9", sotto un altro marchio dello stesso editore) e Menegang (Borderfiction Edizioni). Questo romanzo riprende proprio i fili delle storie pubblicate nelle prime due, che infatti all'epoca Francesco G. Lugli mi aveva assicurato essere solo i prodromi di una vicenda più estesa.
Ebbene, di solito di un thriller italiano particolarmente riuscito si dice che "non ha nulla da invidiare a quelli americani". In questo caso potremmo dire che parecchi thriller d'oltreoceano hanno molto da invidiare a La solitudine del Minotauro. Se questa storia - peraltro sotto molti aspetti tipicamente milanese - non fosse stata ambientata in Italia bensì in una metropoli degli USA, l'editor avrebbe costretto l'autore ad aggiungervi duecento pagine di lungaggini inutili e violenza gratuita (mentre qui si trova solo quella necessaria) temperata da buonismi superflui e sterotipi consunti.


Ne La solitudine del Minotauro invece non c'è né tempo né spazio per i déjà vu. Quando se ne avvicina uno, è lo stesso protagonista e capo della squadra - Remo Giorgi detto "il Minotauro" - ad allontanarlo a calci. Proprio per questo Lugli si può permettere anche di sfruttare, in modo originale, espedienti cinematografici come qualche situazione classica dello psychothriller (completamente ribaltata) o il freeze frame con la "scheda" di un personaggio (di scuola tarantiniana). Il tutto con quel gusto tipicamente europeo, ma poco diffuso in Italia, di imparare i trucchi dei maestri americani, farli propri e riutilizzarli in una trama scevra da certe ingenuità hollywoodiane. Per chi poi ha frequentato gli stessi bar, c'è anche la nostalgia di ritrovare sotto forma di personaggi un paio di amici che non sono più tra noi.
Quindi un thriller che ci riporta al vero noir milanese della mediaticamente dimenticata ma mai davvero sopita Scuola dei Duri di Andrea G. Pinketts, con un autore che riconferma le sue capacità dopo il pregevolissimo noir Il risveglio della notte di qualche anno fa (sempre nella collana "Calibro 9"), senza dimenticare il surreale Il Codice Beatles scritto con Ferruccio Gattuso e riapparso recentemente da Excalibur o la graphic novel Sindrome 75 concepita con Gian Luca Margheriti (anch'essa edita da Excalibur).


Prima presentazione a Milano: Admiral Hotel, v. Domodossola 16, mercoledì 5 luglio ore 19.15 (Borderfiction Eventi, ingresso libero).