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Iperwriters, editoriale di Claudia Salvatori
Letteratura italiacana - 8 - Leggende in estinzione
Venerdì, ore 13. Siamo sempre alla biblioteca comunale, a perdere la vita. Ma non inattivi: ci formiamo da soli, senza maestri e senza direzioni. Io leggo e scrivo, riempiendo a mano larghi quaderni. Max legge e traduce opere che oggi non sembrano esistere più.
Eravamo immersi in una Francia degli anni Cinquanta in cui la scrittura riscattava dalle sofferenze di una nascita infelice e perfino dalla povertà. Avevamo scoperto l'ultimo grande (e “maledetto”) genio francese: Jean Genet. In seguito sarebbe stato ristampato dal gruppo Saggiatore-Tropea-Pratiche nel periodo in cui con Marco Tropea iniziavo a pubblicare per le librerie: cosa che mi avrebbe resa euforica. Il Saggiatore aveva già pubblicato il saggio di Jean Paul Sartre dedicato a Genet: Saint Genet comedien et martyr.
Di Genet Max traduceva Notre Dame des Fleurs, allora non disponibile in italiano. Dovrei avere ancora i suoi quaderni pieni della sua grafia aerea ed elegante. Pubblicherei quella traduzione, se i diritti di Genet fossero liberi. Il romanzo faceva paura per la sua bellezza, e l'autore era una leggenda (ancora) vivente.
Prima della mattanza epocale, negli anni Settanta, almeno una compagnia teatrale alternativa su dieci metteva in scena Les Bonnes. Poi è arrivato lo spettacolo di Lindsay Kemp Flowers, ispirato da Nostre Dame. Ricordo molto bene la scena in cui la protagonista Divine muore tisica, inondandosi di sangue e facendolo sgocciolare fino a terra. Che Flowers fosse una sacra rappresentazione non mi ha stupita affatto: così doveva essere.
Quello che mi ha lasciata sbalordita è stato vedere degli italiani venerare Divine e chinarsi fino a toccarle i piedi, come avrebbero fatto un secolo prima con una statua della Madonna. Bisogno del sacro?
Troppo bisogno. Occorreva svaporarlo al più presto possibile.
Non è un caso che gli scrittori francesi della generazione successiva a quella di Genet non lo abbiano mai ammirato, preso a modello, citato, copiato. Al contrario, dagli anni Ottanta e Novanta si sono moltiplicati attacchi e ridimensionamenti.
Ma tutto questo, direte, che c'entra con la letteratura italiana?
C'entra.